Voglio una vita come quella negli oroscopi
22 martedì Ott 2013
22 martedì Ott 2013
31 lunedì Dic 2012
Posted Il cahier di Mademoiselle
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buoni propositi, classifiche, Istantanee, le parole sono importanti, Mademoiselle & Dottorino, on the road
A svegliarmi nel 2012 sono le note di De André “senza che gli altri ne sappiano niente, senza un programma dimmi come ci si sente“: gennaio inizia così ma scelgo di proseguirlo al caldo e l’immagine che impressa negli occhi mi accompagnerà per tutto l’anno è questa:
È il primo febbraio quando il mio aereo atterra a Malpensa sotto una tempesta di neve. Nevica tutto il mese, Torino dipinta di bianco è la mia tabula rasa. Senza che me ne renda conto, si rinizia da qui.
A marzo sono muratori e spedizioni all’ikea, ridisegnare gli spazi e prendere una decisione senza nemmeno parlarne.
Passa alla storia il 17 aprile: inizia la nostra vita insieme, quella che va sotto l’etichetta in more uxorio. È una data simbolo, nella realtà non so quale sia stata l’ultima notte nella mia cameretta da principessa, quella di sempre e che non c’è più.
Maggio è un mese a due e tutte le energie sono spese per un unico obiettivo, più condiviso che professionale. Test su test e la risposta non è mai la scontata “tutte le precedenti”. Prendo fiato ai giardini Cavour. Torino mi appare a tratti nuova, o forse è nuovo solo il mio modo di viverla.
Dopo l’ansia e tutti i connessi, giugno è il mese della svolta: venerdì 29 l’homepage dell’UniTo dà al Dottorino il benvenuto per il suo percorso da specializzando. Stesso giorno ricevo il progetto per la mia nuova collaborazione.
Finalmente si spegne Notte prima degli esami, che suonava nella mia testa e non nello stereo. È stata più dura dell’anno della maturità.
A Luglio spengo la mia candelina numero 30. Il giorno del mio compleanno su Facebook scrivo «A 20 anni ho iniziato a festeggiare la mattina a colazione in spiaggia e ho finito a tarda notte sempre sulla spiaggia. A 30 passo la giornata in compagnia di un’enorme tabella Excel con un numero spropositato di filtri e numeri. E poi non venite a raccontarmi che diventare grandi non è una fregatura!». Lo penso davvero.
Agosto mi regala una delle mie più belle Parigi. Nel cuore rimane scolpita l’immagine di un déjeuner sur l’herbe…
Settembre è quello di cui parlavamo da anni senza credere veramente di esserne capaci. Scatolone dopo scatolone, svuotiamo la “magione” di famiglia. È la fine di un’epoca o la conferma finale che una nuova è ormai iniziata.
Ce lo sogniamo da mesi il ritorno all’isla, ma quando a fine ottobre il nostro aereo atterra, a El Médano piove. Non ci lasciamo abbattere: amici, leccornie, bicchieri e paesaggi senza confine ci consentono di riprendere fiato.
Novembre è un mese di lavoro matto e disperatissimo. Viene archiviato in una frase: «per fare una sfera servono mille colpi di lima. Ma se a metà dell’opera qualcuno decide che non vuole una sfera ma una stella non è detto che venga un bel lavoro». E chi vuol capire, capisca.
Dicembre è Paris di nuovo, per la prima volta à deux. Di lei ricorderemo quella fetta di foie gras tuffata in una cocotte d’uovo. And much more. Per il resto è voglia di casa, di Natale e di tempo insieme, che non è mai abbastanza.
Per baciare al meglio l’anno nuovo, come (auto)strenna di fine anno mi sono offerta il Rouge Allure numéro 105, che Chanel ha battezzato l’Inimitable. Ed è semplice dire che è così che vorrei il 2013: inimitabile. La verità però è che ho sempre un po’ paura degli anni inimitabili… Se il 2012 si è svegliato con De André che cantava “senza un programma dimmi come ci si sente” e poi io ho deciso di scegliere e mi ha dato tanto, forse vorrei che lo stesso facesse l’anno nuovo.
Ma se invece il 2013 sarà “l’anno di Paperino” come scrive oggi La Stampa, andrà bene lo stesso: qui a grugniti e papere non ce la caviamo affatto male.
21 mercoledì Nov 2012
Posted Oi Dialogoi
in– moglie e marito, genitori e figli, mamma/madre, papà/padre,fratello, sorella, nonno, nonna…
– e la mamma di nonna come si chiama?
– bis-nonna
– nonna di nonna?
– …non credo abbia un nome in italiano…puoi chiamarla semplicemente “la nonna di mia nonna”
– mmm… ma mio papà molte mogli, come io chiamo loro?
– la moglie di papà che non è la nostra mamma si chiama matrigna
– ma “matrigna” come in Cendrillon? ma matrigna è cattiva!
– no, è lo stesso nome di quella di Cenerentola ma non vuole dire che è cattiva…
– mmm…
– se il papà e la matrigna hanno dei figli, loro sono i fratellastri e le sorellastre….
– mmm, no: loro non così, non come Cendrillon!
Ho deciso di dedicare alcune ore del mio tempo libero all’insegnamento dell’italiano ai nuovi torinesi. Pensavo che la difficoltà maggiore stesse nel spiegare la grammatica. Invece mi sbagliavo.
12 giovedì Apr 2012
Posted Il cahier di Mademoiselle
inÈ stato in prima liceo che ho capito che no, da grande non sarei diventata psicologa consulente de “la crim” a Parigi e nemmeno un giudice di mafia donna, come in una delle ultime serie della Piovra. No, io avrei scritto. Potrei raccontare che in quel periodo ero incappata nelle repliche de “la notte della Repubblica” di Zavoli e che quello mi aveva acceso il sacro fuoco del giornalismo, ma allora dovrei dire anche che a sedici anni avevo sviluppato una insolita quanto forte passione per Schumacher e la Formula1 e che il lunedì mattina spesso invidiavo a Candido Cannavò gli editoriali sulla Gazza. Insomma nel triennio liceale sono state diverse e variopinte le circostanze che mi hanno portata alla scrittura e quello che è venuto dopo è storia: io che avevo sempre avuto tendenze noir sono poi stata stagista in cronaca per meno di un trimestre; io laureata di belle speranze, mi sono poi trovata a scrivere sì per un quotidiano in carta rosa, ma non quello di sport, l’altro. And so on, finché questa passione per la penna non si è evoluta poi anche in qualcosa di diverso.
Se all’inizio di questa storia mi avessero detto che un giorno avrei avuto sì una rubrica, una rubrica tutta mia intendo, ma su un giornale di windsurf, probabilmente avrei riso. E non solo perché il windsurf era quanto di più lontano ci fosse dal mio mondo. Se mi avessero detto poi che l’idea era venuta proprio a me e che c’ero stata appresso un po’ per trovare una testata che ci credesse, beh semplicemente sarei stata io quella a non crederci.
Invece eccola qui, eccomi qui. Da questo mese firmo la “rubrica della fidanzata del surfista” per WindNews. E non parlo di quel che interessa agli appassionati ma scrivo di noi: quelle che han lasciato Formentera per Fuerteventura, il sex on the beach da intendersi in qualsiasi senso per la Playa de Sotaviento, il cui nome ha ahimé un solo inequivocabile senso. Racconto di noi, quelle che preparando la valigia per la prima vacanza tutta onde hanno esclamato “ehi, ma io sono quella che esce col surfista!” e si sono sentite per un attimo molto-molto cool, le stesse che poco dopo hanno iniziato a mangiare sabbia e tutto ha preso un altro sapore…
Sì insomma: ho una rubrica come quella di Carrie Bradshaw, solo un pelo meno glamour.
29 giovedì Mar 2012
Posted Il cahier di Mademoiselle
inSe ci fosse una hitlist delle frasi più inflazionate del mese, a vincere la mia classifica di marzo sarebbe «lei ha pienamente ragione», seguita a ruota da «mi spiace, ma non dipende da me».
A me questa frase fa prudere le mani.
Lo ha imparato a suo discapito la signora del negozio di design che ho tampinato per tre settimane, storia che lei sul mio ordine ha scritto “urgente” con tre punti esclamativi: il giorno successivo a quello della presunta certa consegna, interrogata sul ritardo, ha placidamente ammesso: «ci sono dei problemi di produzione». Cosa? Lo scopri oggi, ché la consegna era fissata per ieri? Lei, senza scomporsi: «lei ha pienamente ragione, ma vede: non dipende da me, sono desolata».
E se fosse solo per quest’episodio qui, sarebbe la classifica delle espressioni che fanno subito antipatia. Ma ahimé no: è che questa è la frase più inflazionata, quella che negli ultimi tempi mi sono sentita dire proprio più spesso. Nell’ordine, l’han pronunciata: quella che mi aveva falsamente detto che il sedile rallentato da tazza no, non era un problema, quello che ha venduto a caro prezzo faretti a led giurando e spergiurando che avrebbero fatto sì luce gialla ma non certo di quell’arancione che ha (brevemente) illuminato il corridoio, quelli che mi avevano illusa che “le piastrelline figurati, tu le ordini e la settimana dopo io te lo porto”, quello da cui sto aspettando ancora oggi la dima di Urban Chic che sembra una tendenza invece è il nome di un mobile.
Ma facciamo un salto indietro. Tutto è iniziato con una televendita su un’insulsa rete locale. Avete presente quella dove c’è l’idraulico vestito come Super Mario Bros che vi toglie la vecchia vasca da bagno e vi piazza una doccia superaccessoriata, in cinque ore non un minuto di più? Ecco, in pigiama davanti alla tv sono stata illuminata da quella telepromozione. Poi è stato com’è stato e mi sono ritrovata a scegliere sanitari sospesi (squadrati o classici? che dicono “sono una modaiola e mi affido a Casabella” o “oui, mi piacciono le cose di classe ma facciamo finta che non”?), mosaici e box doccia super trasparenti perché sì la doccia della televendita sarà anche pratica ma vuoi mettere come sono belli mosaico e cristallo? e via così. Insomma, mi sono distratta un attimo e mi sono ritrovata a fare quello che la gente chiama “sistemar casa”. Con tutti gli annessi e connessi.
Potrei starne a parlare ore anch’io che partivo da una buona base diciamo, che la casa era già ampiamente abitabile, e poi invece mi sono trovata alle prese con tutta la routine, di pro e contro. E di questi sì, ce ne sono a migliaia: sistemare casa è bello perché Daddy si fa in quattro per seguire le cose e il Dottorino va all’Ikea con lui, ma sistemare casa è brutto perché Maman coglie l’occasione per tirare fuori tre-scatoloni-tre di “corredo” che la Grand-mère ha iniziato a preparare nel 1985 (nel 1985! avevo 3 anni e un aspetto abbastanza imbarazzante da poter tranquillamente pensare che mai avrei avuto bisogno di un corredo) e non c’è verso di farle capire a Maman che no, quegli asciugamani pesca di dubbio gusto nel nuovo bagno minimal non ci entreranno mai, e le lenzuola ricamate di cotone rigidissimo nel letto men che meno. Sistemare casa è bello perché è come giocare con “la casa di Barbie” solo che è vero, ma sistemare casa è brutto perché la polvere che han fatto su i muratori hai voglia a passare l’aspirapolvere ma quella resta lì. Sistemare casa è bello perché scegliere piastrelle (d’ardesia) è sognare progetti (di vita). Ma, su tutto, sistemare casa è brutto perché più o meno per una cosa su due senti un operaio, un negoziante, un fornitore giustificarsi di un suo errore o un ritardo dicendoti: «lei ha perfettamente ragione, ma vede, non dipende da me e bla e bla e bla…». E tu ti senti un po’ presa in giro, ma non puoi farci nulla e cerchi di autoconvincerti che sì, questa è la prassi, e a breve la frase più inflazionata dell’hitlist sarà: “casa dolce casa”.
22 domenica Gen 2012
Posted On the road
inEbbene, ci siamo: siam pronti. Io, il Dottorino e il “nonno”. Quel che sto per dire può suonare un po’ macabro. Il nonno è stato battezzato così un paio d’anni fa all’aeroporto Malpensa, quando l’ennesima sciura impicciona mi ha domandato cosa trasportassimo in quell’enorme sacca che un po’ somigliava a una bara e io con aria di circostanza le ho risposto «eh, il nonno stava così bene all’inizio della vacanza, ma è proprio vero che con gli anziani non si può mai sapere…». Ad ogni modo il “nonno” alias la sacca delle tavole da windsurf è pronta, la valigia chiusa, la paura di volare a mille e la testa è già in vacanza. La mia settimana sarà in diretta su questa webcam. A voi auguro tante buone cose.
31 sabato Dic 2011
Posted Il cahier di Mademoiselle
inNon sono sparita, ho solo fatto le prove generali per il letargo. Ho dormito un numero scandaloso di ore e quando mi sono alzata dal letto, l’ho fatto per lo più per spostarmi sul divano a vegetare davanti alla tv o per mettermi a tavola. Vince il premio best dinner quella a base di bollito misto alla piemontese con cui il Dottorino ha sbalordito i miei, ma anche la teglia di lasagne che io e lui ci siamo scofanati da soli a Santo Stefano non era male, per non parlare della minestra di fagioli di qualche giorno fa o la torta di porri di ieri.
Giravoltato qui si parla di cibo.
Sarà che c’è un certo profumino nell’aria…è quello delle mie lenticchie, sul fuoco, e dell’arrosto, innaffiato di barolo.
Non sono una fan del Capodanno. Il peggiore in assoluto è quello che ho trascorso in un villaggio vacanze in Egitto, attorniata da russi che han iniziato a ubriacarsi -con lauto anticipo- a mezzanotte ora di Mosca e sei ore dopo, mentre sul meridiano egiziano rintoccavano 12 colpi la situazione era di quelle che non si scordano.
Forse per questo oggi in una Torino deserta tutto mi sembra in discesa, anche se non ho capito come ma dopo essere stata invitata a cena, mi ritrovo con la mia tavola apparecchiata e le lenticchie sul fuoco e per stasera aspetto gli stessi che mi avevano fatto l’invito.
Nel 2011 lascio un po’ di delusioni e ahimé un paio di persone importanti, ma quest’anno mi ha anche regalato dei bei momenti, alcuni weekend perfetti, nuove verità, belle emozioni.
Per il 2012 ho tutta una serie di sogni, alcuni obiettivi (e un obiettivo Canon 18-135 che filtrerà tutte le sensazioni, quanto-mi-piace-il-dottorino-in-versione-babbo-natale) e qualche sassolino da togliermi. Anche perché vi assicuro che i sassolini nelle decolté tacco 12 sono piuttosto fastidiosi.
Per l’istante invece ho già un calice di prosecco qua accanto.
Donc…cheers!
02 venerdì Dic 2011
Posted Disco a richiesta
in«Continuerai a farti scegliere? O finalmente sceglierai». Il mio oroscopo ieri su Internazionale recitava “molto più importante di quello che sappiamo o non sappiamo, è quello che non vogliamo sapere”. Probabilmente non è un caso. Sto concludendo una delle settimane più difficili dell’anno. Difficile ma anche bella, difficile per la situazione con cui mi devo confrontare, bella per quello che so.
14 lunedì Nov 2011
Posted In cucina con Mademoiselle
in«…if the cat not is not in the sac». Mentre il Trap ci regala questa perla, io passo una tranquilla domenica pomeriggio a spadellare, in nome del fatto che se nel weekend riesco a mettermi nel frigo qualcosa che poi dovrò solo più scaldare, le mie pause pranzo in settimana ne guadagnano in calma e gusto.
Cosa c’azzecca il gatto? Assolutamente niente, men che meno centra il “gatò” come ho più volte orrendamente letto sul web. Però tra una torta al pesto e delle mele alla cannella, nel mio forno ieri c’è finito anche un gateau di patate. A modo mio ovviamente.
Gateau di patate pour 2
– 4 patate a pasta gialla abbastanza grosse
– 1 fetta spessa di prosciutto cotto (circa 1 etto) da tagliare a striscioline o 1 confezione di prosciutto cotto a cubetti
– 100 gr di stracchino
– 1/2 bicchiere di latte
– 3 cucchiai di pan grattato
– noce moscata q.b.
Pelare e tagliare le patate a tocchetti e farle bollire fino a cottura. Nel frattempo prendere una pirofila da forno di dimensioni adeguate e ungerla con dell’olio d’oliva. Cospargere il fondo della pirofila con un cucchiaio di pangrattato (io utilizzo quello per impanare la carne senza prima passarla nell’uovo, è molto gustoso e molto pratico!). Quando le patate sono cotte, metterle in una ciotola e schiacciarle con una forchetta. Lasciare raffreddare. Poi aggiungere i cubetti di prosciutto, lo stracchino a tocchetti, il mezzo bicchiere di latte, mescolando ben bene di modo che gli ingredienti si amalgamino. Spolverare con la nosce moscata e distribuire il composto nella pirofila. Spolverare con 2 cucchiai di pan grattato e infornare 30 minuti nel forno a 150°. Gli ultimi 5 minuti attivare la funzione grill.
Anche questa volta è una ricetta banale a prova di idioti: non ho velleità da nouvelle cuisine. Nella mia cucina solo cose facili, buone e piacevoli da preparare. Nel mio gateau non ci sono uova, né burro, né sale aggiunto. Volevo fotografarlo perché nella sua pirofila era anche abbastanza carino, ma il Dottorino non mi ha dato il tempo di metterne in salvo una fetta per il pranzo del lunedì, secondo voi mi ha dato quello di prendere la macchina fotografica?
(Quel che resta del gateau, via Blackberry)
ps: per un risultato più saporito, si può sostituire lo stracchino con del provolone a cubetti. Il provolone che c’era nel mio frigo però è stato immolato alla causa di un aperitivo improvvisato sabato sera. E siccome erano presenti Cinema Bianchini e In a Pencil, direi che il provolone ha fatto una degna fine insieme alla bottiglia fresca fresca di Arneis messa lì a fargli compagnia.