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Per molti anni il Natale in casa Mademoiselle è stato alla Parenti Serpenti. Quest’anno invece lo sento un po’ come in una commedia americana, ma non una commedia blockbuster, di quelle ambientate nel Cunnecticut o in Massachusetts. No, una cosa piuttosto alla Woody Allen dei bei tempi andati: di quelle che iniziano con Jingle Bells in sottofondo sì, ma nella versione jazzata. Vivo addirittura un plot un po’ kafkiano: del tipo che quella di stamattina è l’ultima mia mattinata in quest’ufficio, ma il mio boss o chi ne fa le veci non si sono ancora degnati di comunicarmelo. Io però lo so ed è per questo che mi sono prenotata la manicure in orario lavorativo: sia mai che poi mi ritrovi a impastare le feste con delle mani da schifo.
Non ho scritto nessuna letterina di Babbo Natale, ma ho pulito il camino, e come una bambina inizio a essere impaziente di spacchettare i miei doni. Capire -sentire finalmente- che con quello che lascio non sto perdendo niente è però il regalo più bello: e se riesco a farmelo è per le persone che me l’han fatto capire, che mi vogliono bene e che sono loro il regalo più bello.
E vi dirò di più: ora spengo il pc e mi concederò una lussuosa passeggiata in centro in un orario non convenzionale per un venerdì mattina. Poi indosserò un abitino froufrou e tacchi vertiginosi. Perché le feste quando arrivano, bisogna accoglierle comme il faut.
Sorrisi come se piovesse allora.
Come quelli che mi scappano davanti a Brezsny su Internazionale di questa settimana: «nel 1992 trentamila americani firmarono una petizione per chiedere al governatore delle Hawaii di cambiare il nome dell’isola di Maui in “Gilligan’s”. Fortunatamente la richiesta venne respinta, e così uno dei posti più sublimi del pianeta oggi non si chiama come una stupida serie tv». Non vi dà da pensare? Il mio 2012 sarà pieno di progetti, con obiettivi sensati e condizioni ragionevoli. Me lo devo.
Buon Natale a tutti voi.